Sono nato a Bondeno nel 1976, anche se ho sempre vissuto a Ferrara.
Sfogliando l’album dei ricordi, i primi sono legati alla creatività: le suore della scuola che frequentavo tra i 3 ed i 6 anni ci facevano lavorare con “il DAS”, oltre a ritagliare sagome di carta con il punteruolo. Non ero particolarmente abile, ma mi piaceva dar vita sempre ad oggetti nuovi e lasciar volare la mia fantasia. Anche il disegno stimolava molto la fantasia del piccolo Marcello, disegno che a poco a poco prendeva il sopravvento. Mia sorella Caterina era molto più brava di me, ma, a differenza sua, io mi divertivo davvero moltissimo e non smettevo mai: esattamente come oggi.
Cominciai a creare fumetti con personaggi inventati da me, che prendevano spunto dai miei pupazzi e da persone che conoscevo. Ad 8 anni iniziai a fare dei giornalini, che leggeva praticamente solo mia sorella, pieni di giochi e di storie, per lo più ciniche. Durante gli anni delle medie e del liceo continuai a disegnare, anche se, ad onor del vero, con meno convinzione, visto che, data l’età molto tempo era assorbito dallo studio e il resto lo dedicavo agli amici.
Nel 1995 mi iscrissi alla Facoltà di Ingegneria e nel periodo delle lezioni, avendo più ore libere, mi dedicai finalmente alla pittura, grazie soprattutto all’aiuto di mio cugino Enrico Bovi, che mi regalò dei colori a olio. Per quanto completamente autodidatta e poco propenso a seguire corsi, volevo approfondire la conoscenza della tecnica, soprattutto girando per musei e cercando di assimilare con gli occhi dai dipinti dei maestri.
Mi appassionai ai temi di Dalì e di De Chirico. I primi dipinti, tra il 1995 e il 2000, furono quindi di chiara matrice surrealista, mentre dal 2000 in poi, sempre utilizzando la tecnica della pittura a olio, il mio stile fu più vicino al cartoon, con colori molto vivaci e con argomenti sempre abbastanza inquietanti.
Nel 2000 ebbi modo anche di approfondire le tecniche incisorie grazie agli insegnamenti di Vito Tumiati, divenuto in seguito mio ottimo amico. Feci all’incirca una quindicina di acqueforti, anche se in seguito preferii altre tecniche per le mie modalità di espressione.
Nel frattempo, soprattutto in compagnia del mio amico Francesco Giombini, amavo visitare mostre, sia di carattere locale, sia sul territorio nazionale ed europeo. Nel 2003 mi laureai in Ingegneria Civile e cominciai immediatamente a lavorare nell’ambito dell’edilizia.
Tra il 2000 e il 2008 continuai a dipingere queste scene a cavallo tra surrealismo e cartone animato, senza però trovare una mia identificazione personale, cosa che mi portò a rimettere in discussione tutto il mio lavoro.
Nel 2008 capitò l’occasione di partecipare ad un corso di orientamento all’arte contemporanea per giovani artisti, su segnalazione di Maria Livia Brunelli e a cura di Ketty Tagliatti e Maurizio Camerani.
Il corso fu per me una grande opportunità di confronto, sia con artisti esperti quali erano Ketty e Maurizio, sia con altri giovani miei coetanei.
Alla fine delle lezioni doveva tenersi una mostra presso la Galleria del Carbone e avevo già iniziato un quadro nel mio classico stile di allora. Una sera però, quasi per caso, iniziai a dipingere su alcune fotografie ritagliate da riviste di design immagini di insetti inseriti in ampi spazi architettonici. Il lavoro piacque molto a Ketty e Maurizio e così continuai a realizzare queste piccole opere con cavallette, ragni e mosche. All’esposizione alla Galleria del Carbone presentai quindi le scansioni di questi lavori, stampate su carta fotografica e incollate su lamiere di alluminio.
Dopo questa esperienza decisi di mettere da parte tavolozza e colori e cominciai ad esplorare quegli insetti che avevo dipinto in dimensioni così minute sulle fotografie. Scelsi la biro, uno strumento rapido e pratico, anche da trasportare. Acquistai grandi rotoli di carta da scena e iniziai a disegnare insetti giganti. Ricordo che per tutto il ciclo il massimo del materiale che mi portavo appresso era un sacchetto di plastica, ormai impallidito, in cui tenevo un set di biro, uno straccio e un po’ di carboncini.
Molto più comodo di 30 colori a olio, i pennelli, la tela, ecc.
I disegni giganti di insetti cominciarono ad incuriosire e li mostrai a Maria Livia Brunelli, che nel 2007 aveva aperto uno spazio innovativo a Ferrara, la MLB home gallery. Grazie alla collaborazione di Angelo Andreotti fu possibile organizzare la mostra “Insetti. Vite fragili sulla punta di una biro” a Casa dell’Ariosto. Quasi in concomitanza venne allestita un’esposizione con ulteriori disegni di insetti giganti presso il Museo di Storia Naturale di Ferrara.
Dopo l’esperienza “insetti” mi dedicai ad altri animali, concentrandomi sul tema della fragilità. In generale presi in considerazione quelle creature che l’uomo tende a uccidere per il proprio “consumo” e quindi elimina senza particolari sensi di colpa: maiali e pesci.
Per evitare che gli animali monopolizzassero il mio lavoro, dal 2012, anno del terremoto in Emilia, cominciai a rivisitare alcuni grandi artisti del passato, scegliendo quelli che sentivo più vicini al mio stile particolareggiato, ovvero i fiamminghi. Mi dedicai quindi soprattutto a Pieter Bruegel il Vecchio, poi a Vermeer.
Per realizzare queste opere continuai ad utilizzare esclusivamente la biro, così come per l’intera serie dedicata alle metamorfosi dell’Agnus Dei di Zurbaràn, un ciclo che mi appassionò molto e che creai in un tempo molto rapido, per quanto i disegni fossero tutti abbastanza impegnativi e pieni (una delle caratteristiche era lo sfondo nero, realizzato anche quello interamente a biro).
Per la serie dedicata a Bosch scelsi di cambiare tipo di penne, usando anche quelle non a sfera.
Vennero poi altri cicli di disegni, tra cui quello dedicato ai temi dell’alimentazione dell’Expo di Milano del 2015, a cui partecipai, nel padiglione dell’Emilia Romagna, realizzando una performance di disegno dal vivo, rappresentando alcuni prodotti tipici di Ferrara uniti in una composizione alla Arcimboldo.
Nel 2018 mi dedicai, invitato da Maria Livia Brunelli, alla realizzazione di una riflessione su statica e dinamica delle emozioni, partendo dal trattato sulla pittura futurista di Umberto Boccioni. Nacque così la mostra “Accelerazioni dello spirito”, in cui presentai, tra le varie opere, un disegno lungo 4 metri in stile “Metamorfosi” di Escher, intitolato “Nascita e morte del dinamismo”, una sorta di trascrizione grafica del trattato boccioniano.
Il 2019 è stato l’anno di un’indagine sullo stupore infantile davanti alle opere d’arte, espresso anche tramite l’elaborazione di appositi testi. Ho realizzato disegni di sculture su fogli di quaderni delle elementari e, copiando la mia scrittura da bimbo, ho scritto le impressioni che uno scolaro immaginario aveva avuto dopo la visita ad un museo. I disegni di sculture sono poi diventati sculture vere e proprie, grazie alla preziosissima collaborazione di Stefano Bombardieri, e sono state esposte presso il Museo di Storia Naturale di Ferrara nell’ambito della mostra “Nel paese della meraviglia” in dialogo con l’artista Barbara Capponi.
Nello stesso periodo, volendo arricchire le mie opere di parti testuali, ho cominciato a ricopiare a mano alcuni scritti; in particolare ho scelto il romanzo “Olga” della mia amica Chiara Zocchi, che ho trascritto interamente su un unico foglio. Dopo questa esperienza ho iniziato a meditare di scrivere io stesso un saggio, immaginandolo simile ad un trattato scientifico ricco di illustrazioni; il progetto è poi sfociato nel libro “La sindrome del pallone”, edito da La nave di Teseo nel 2021.
Il futuro è poi già ricco di idee e progetti, perché la mia fantasia e la mia voglia di creare e disegnare non si sono mai fermate, da quell’ormai lontano 1976.
Le fonti ispiratrici del mio lavoro sono sempre state molteplici, e sicuramente molto legate agli specifici momenti della mia crescita.
Una miniera incredibile è nei giornaletti e nelle mie esperienze infantili, un’età in cui si concepiscono e creano idee e mondi scevri da qualsiasi interferenza sociale e culturale… il risultato è spesso sorprendente e di un brillante inaspettato.
Altre fonti sono libri antichi, bestiari, erbari, saggi illustrati di fisica, chimica, matematica, biologia e scientifici in generale.
Tra le mie passioni più grandi c’è anche la musica classica, che in un qualche modo influenza ed ha sempre influenzato. Alcuni brani hanno stimolato sicuramente la genesi di certi cicli di disegni.
Le sinfonie di Shostakovich, ad esempio, soprattutto la n. 8, sono state di forte ispirazione per la serie degli insetti giganti.
Altri autori, come Debussy, Mahler, Wagner, Brahms, con le loro atmosfere, incidono sulle immagini che creo. Amo profondamente i film di un tempo, dai ritmi lenti e sontuosi, dalle trame decisamente meno veloci e violente della cinematografia moderna.