LE STANZA VUOTE DI BRUEGEL
Dopo il terremoto del 2012 in Emilia, un’esperienza che ha costituito un evento drammatico per tutti gli abitanti della mia zona, ho deciso di dedicare un ciclo di disegni a questo tema.
Attratto dalla pittura fiamminga da sempre, in virtù soprattutto di quell’attenzione al dettaglio così caratteristica degli artisti olandesi, ho scelto di rivisitare alcuni dipinti di Peter Bruegel Il Vecchio, che tra tutti è quello che sento più vicino alla mia sensibilità per la schiettezza e vivacità che contraddistinguono le sue composizioni.
In Bruegel lo sfondo non è un mero accessorio, ma un ambiente protagonista pieno di rifiniture. Ho ripreso quindi questi scenari e li ho resi “inagibili”, ovvero completamente spopolati. I personaggi sono tutti fuggiti, il paesaggio è deserto, come fosse divenuto una stanza poco accogliente.
Marcello Carrà
Il contrasto con i quadri di Bruegel si fa ancora più forte ove il dipinto originale appare saturo di scenette di paese o allegoriche.
Ad esempio, nel fienile del banchetto di nozze tutto si è interrotto bruscamente. L’atmosfera gioiosa è scomparsa, nessuno ha più voglia di festeggiare, non rimane nulla da mangiare e tutto è stato lasciato così com’era: le stoviglie, la tovaglia, il cappello del ragazzino che prima golosamente si leccava i baffi.
In queste immagini, interamente realizzate a penna biro, ho cercato di realizzare la metafora di quel senso di spaesamento che si è generato nell’uomo negli ultimi anni, con il paesaggio che non è più uno solo uno sfondo ausiliario, bensì il protagonista assoluto di una scena mesta e a volte colma di rassegnazione.
Per l’esecuzione dei disegni mi sono avvalso anche questa volta unicamente della quadrettatura per ricostruire le proporzioni tra i diversi settori che costituiscono l’insieme.
Un’opera che ha richiesto molto tempo e una certa dose di pazienza è stata la grande Torre di Babele, in cui Bruegel si è dimostrato maestro nella composizione e nella resa dettagliata di ogni elemento, dal paesaggio dietro la torre a tutti i macchinari e ponteggi di cantiere. Il segno lasciato del terremoto è ravvisabile nel fianco sinistro della torre, ove si nota il crollo delle strutture già costruite in nome della superbia umana. La torre era destinata al crollo per il volere di Dio, ma il terremoto ne anticipa il collasso parziale. L’uomo è piccolo davanti a Dio, ma anche e soprattutto davanti alla natura, che in questi anni gli sta presentando il conto impietosamente.